TEATRO FILODRAMMATICI/LA PALESTRA DELLA FELICITÀ
Al Filodrammatici la palestra della felicità
Al Teatro Filodrammatici, fino al 17 aprile proseguono le repliche de La palestra della felicità di Valentina Diana con la regia di Elena Russo Arman, che con Cristian Giammarini è anche interprete.
All’ingresso in sala due scimmie accovacciate l’una accanto all’altra si tengono le mani con tenerezza, le luci sono basse quasi ad evocare la dimensione di stralunato e brutto sogno di cui tutto il lavoro è intessuto. Le musiche di Alessandra Novaga, composte per l’occasione, sono intriganti e, a parer mio, forse le uniche per sostenere un testo particolarissimo, o meglio per sostenere tutto un mondo immerso in una realtà estremizzata mischiata e spesso integrata nel surreale: un mondo fatto di caffettiere parlanti e cantanti (il cui inserimento pur sempre esilarante sembra a volte insistito e gratuito), teste di manichino con parrucca disposte in fila, sulla destra del palco.
Coppie, un lei e un lui che si muovono, spesso farsescamente, verso la felicità, o meglio il desiderio della felicità, dando vita, tra soprusi, violenze, prove e/o esercizi di potere, brevi “illuminazioni” della vita di una lei e un lui, come tanti altri.
Come in un grande videogame morte e rinascita si succedono rapidamente, si passa di livello. Ci si uccide con vistose pistole di plastica. Bello, se non geniale, il gioco teatrale con cui gli attori alla fine di ogni breve stacco sulla vita di coppia si rotolano per terra per essere magicamente altri con nuove vesti addosso. Si rinasce per azzuffarsi di nuovo e l’unica possibilità è l’eliminazione dell’altro o, al massimo della frustrazione paranoica, l’eliminazione di se stesso. La via per la felicità è ingarbugliata si direbbe impraticabile e prima o poi arriverà un “decisivo” Game Over a chiudere tutto.
Elena Russo Arman, ideatrice anche del progetto teatrale, e Cristian Giammarini sono gli ottimi interpreti, tra grandi zuffe e minime dolcezze, di un testo sicuramente ricco di graffiante ironia su tutto ciò che ci circonda ma anche di autoironia, un testo che cerca di mantenere per tutto lo spettacolo, anche se breve, ritmi tesi e veloci. Il testo più che per legami logici o analogici prosegue per livelli come, già ripetuto, in un videogioco; si sle si scende si entra in una coppia per parlarne di un’altra e quest’ultima “rinasce” per parlarne a sua volta o magari di un’altra ancora.
Mi ha lasciato perplesso lo splendido cameo attoriale e testuale del sottofinale dedicato all’idiozia malata del possedere armi, forse un apice che non del tutto si amalgama con le surreali storie di coppia che lo precedono.
Lo spettacolo, una produzione del Teatro Elfo, si chiude con i due teneri scimmioni che si tengono per mano, si scambiano tenere carezze, tutto ritorna come prima, forse con una piccola fiammella di ottimismo e di serenità, a chiudere un testo tutto teso a indagare le difficoltà di coppia fin dai primordi.
Adelio Rigamonti
Il promo presentato è stato prodotto dal Teatro Elfo Puccini, produttore dello spettacoo, in occasione del debutto nella stagio 2014/15.