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NOVEMBRE/PICCOLO TEATRO PAOLO GRASSI/IL NIPOTE DI WITTGENSTEIN/5/5
03.06.2020 12:55
ORSINI E LA SUA PERLA
Al Piccolo Teatro Grassi è di scena Il nipote di Wittgenstein, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Bernhard, pubblicato nel 1982, da Patrick Guinand e Umberto Orsini. Il romanzo è forse l’opera più importante di Benhard ed è la narrazione di una storia d’amicizia che, scoccata essenzialmente da empatia intellettuale, diventa struggente e sentimentale, tra l’autore e Paul Wittgenstein, nipote del noto filosofo. I due si incontrano entrambi malati, ricoverati nello stesso ospedale: Thomas nel reparto di pneumologia e Paul in quello di psichiatria.
Paul, uomo sensibilissimo, inadatto al mondo e alla vita con una passione smodata per la musica, dissipò con rara violenza la sua fortuna sino a ridursi all’indigenza. Era solito dire a Bernhard: «Duecento amici verranno al mio funerale e tu dovrai tenere un discorso sulla mia tomba». Quando Paul Wittgenstein morì, solo otto o nove persone andarono al suo funerale. In quel momento, Bernhard era a Creta. Credo che il romanzo e l’esemplare successivo testo drammaturgico concretizzino quel discorso mai pronunciato. Bernhard e poi Guinard e Orsini tratteggiano un ritratto delicato e al contempo terribile di quell’amicizia tra due folli, di cui uno ha saputo resistere al male e l’altro nel male si è lasciato macerare sullo sfondo di una Vienna decaduta e senza splendori.
Il testo è intenso e ottimamente ridotto, ma ciò che lo rende una perla del teatro italiano dei primi anni del terzo millennio è l’interpretazione strepitosa di Umberto Orsini, che negli anni ha fatto di questo testo il punto più alto della sua sterminata galleria di personaggi portati in scena. La sua interpretazione lascia storditi per non percettibili mutamenti di misura, ritmo e tono che ci portano in una sorta di toboga di registri sovrapposti e intricati che vanno dal drammatico al narrativo, al lirico, al nervoso, al comico sarcastico in cui è da applausi a scena aperta quando calca gli accenti delle parole- chiave della narrazione.
Orsini, in questo alto esempio di recitazione “in solitario”, come lui stesso ha avuto più volte modo di “classificare”, si confida con’ascoltatrice silente (qualche isolato severo colpo di tosse quasi a riprendere il narratore quando troppo si commuove e null’altro) interpretato in modo essenziale allo svolgersi della narrazione dalla bravissima Elisabetta Piccolomini. Orsini/Bernhard si confida a questa misteriosa donna tra attenta badante e vecchia amica, rivelando della sua amicizia con Paul e di se stesso particolari che forse avrebbe desiderato tenere solo per sé. Recitazione da pelle d’oca. Da non perdere. (a.r.)