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NOVEMBRE/TEATRO CARCANO/LO ZOO DI VETRO/4,5/5
03.06.2020 12:30
UNO ZOO IN MARE APERTO
La complessa stagione di prosa e no del Teatro Carcano ha come titolo programmatico In mare aperto, che vuole indicare una concreta e solida apertura a un’inedita esplorazione del nuovo. Un’esplorazione che per un Teatro storico come il Carcano è sinonimo di coraggio. Questo inizio di stagione è stato davvero coraggioso a partire dal riuscito esperimento Gaber/Elio ne Il grigio, passando dalla perfetta Camera azzurra di Simenon/Sinigaglia, per giungere a questo Zoo di vetro diretto dal giovane Leonardo Lidi.
Lo zoo di vetro di Tennesse Williams, in scena fino al 17 novembre, si avvale d’una accattivante traduzione di Gerardo Guerrieri e soprattutto di un adattamento e di una regia decisamente innovativi. Sono sufficienti poche battute, quelle del prologo di Tindaro Granata, per comprendere che la vicenda della famiglia Wingfield, al centro di tutta la narrazione drammatica di uno dei capolavori del teatro novecentesco, abbandona qualsiasi stilema naturalistico con una chiave di lettura che viene esplicata proprio dal testo del prologo: “Mi chiamo Tommaso e sono un pagliaccio. Sono qui per raccontarvi la mia verità. Per farlo ho bisogno di finzione, io vi darò verità sotto il piacevole travestimento dell’illusione. C’è molto trucco e c’è molto inganno. Il dramma è memoria, è sentimentale non realistico. Il dramma è memoria, è sentimentale non realistico. Il dramma è memoria, è sentimentale non realistico”. La finzione e il piacevole travestimento dell’illusione, grazie anche ai costumi di Aurora Damanti (circensi, con tanto di enormi scarpe e nasi rossi) e alla scena di Nicòlas Bovey, sono i binari su cui lasciarsi andare per essere coinvolti in una lettura nuova e originale di buon fascino e sicuramente empatica.
Sul fondo della scena la silhouette di una casa da Barbie, terribilmente rosa, che incombe sulla vicenda, ma in un certo senso sembra fornire protezione alla vita ricca di illusioni e speranze di madre Wingfield; sul proscenio e tutt’attorno la via con tanto di lampione e la riproduzione di un lastricato cosparso di una ghiaia di volatile polistirolo; una via praticata quasi esclusivamente da Tommaso, dalle sue paure e dalle costrizioni che si è imposto per aiutare la sorella Laura.
Durante la prima parte dello spettacolo vi è, di lato e quasi esterna, la presenza scenica dell’assenza del padre, una scelta registica non del tutto comprensibile anche perché nella seconda parte lascia spazio al personaggio di Jim, che Tom ha invitato su insistenza della madre nel tentativo/speranza di far conoscere a Laura un possibile spasimante. Jim nell’adattamento di Lidi si presenta in una sorta di pigiamone, estraneo dunque al mondo dei pagliacci, quasi fosse il punto/momento di sintesi tra realtà e finzione, il punto in cui si smorzano definitivamente illusioni e speranze della famiglia Wingfield.
Un semplice cartone da imballaggio rappresenta l’altro protagonista, forse il vero se non unico, della narrazione e cioè lo zoo di vetro che viene platealmente distrutto da Jim. Un cartone che arriva con Jim e con lui se ne esce frantumato. Prima dell’arrivo del cartone contenente lo zoo di vetro le mani di Laura sono in continuo movimento ad accarezzare le fragili e invisibili figurine. Il concretizzarsi dello zoo di vetro solo all’arrivo di Jim mi ha sorpreso un poco. Questo e la presenza/assenza del padre sono tra le rare impuntature di un adattamento e di una regia che convince e ribadisce il coraggio della nuova rotta in mare aperto della direzione artistica del Carcano.
Al successo dello spettacolo contribuisce l’ottimo cast degli attori (Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Mario Pirrelli e Anahi Traverso). Tutti bravi senza eccezione diretti con sicurezza da Lidi che con felice intuizione ci regala una gran cammeo attoriale nel gran litigio, con battute in sincrono, tra la madre Amanda di Mariangela Granelli e il Tom di Tindaro Granata, entrambi superbi e capaci di catturare applausi a scena aperta. Bravi tutti davvero. Da vedere. (a.r.)