TEATRO DELLA COOPERATIVA/CRONACHE SESSUALI
Il mantra di Antonio Cornacchione
È tornato Antonio Cornacchione. Sul palco del Teatro della Cooperativa a Niguarda, dal 5 all’11 febbraio, il comico, di origine molisana ma lombardo d’adozione, ha presentato il suo “Cronache sessuali”.
Personalmente erano anni che non assistevo a un suo spettacolo dal vivo: “Povero Silvio”, se non ricordo male, del 2003. Recentemente ho rivisto per l’ennesima volta il film “Bar Sport” di Massimo Martelli (2011) in cui Antonio Cornacchione interpreta un “incapace” elettricista perennemente impegnato a riparare l’insegna del bar.
Il ritorno ha coinciso con il venticinquennale del suo debutto allo Zelig di Milano con Paolo Rossi, Gianni Palladino, Aldo, Giovanni e Giacomo. Ho rivisto un attore smagliante, ironico e pungente con la sua consueta bonaria cattiveria, preciso nei tempi e nella gestualità collaudata da tempo.
Dello spettacolo “Cronache sessuali”, che secondo il programma di sala doveva esporre un personalissimo sguardo sulle abitudini sessuali degli italiani, posso dire ben poco perché lo show di Cornacchione era praticamente diviso in due parti, come d’abitudine per spettacoli ereditati direttamente dal mondo del cabaret, un prologo e lo spettacolo vero e proprio. Alla prima, a cui ho assistito, il prologo è durato più di un’ora e una ventina di minuti quello che doveva essere il nocciolo della serata.
Detto questo bisogna ammettere che ci si è trovati davanti a un Cornacchione splendido come già ricordato, un attore in grado di entrare subito in armonia con il pubblico comprendendo che cosa quest’ultimo volesse da lui. E come un mantra inesauribile, dopo un velocissimo travolgente ingresso buffamente danzato, è partito il tormentone sul "Povero Silvio!", satira sulla "bontà" incompresa di Silvio Berlusconi. Un tormentone assai apprezzato e scandito da gran risate, che è stato aggiustato, in un certo senso “modernizzato” su quanto successo negli ultimi anni della politica italiana con Berlusconi, se non assente, almeno defilato per le sue note vicissitudini giudiziarie.
Nel lungo prologo ha fatto riferimento ad altri volti noti della politica italiana: da Renzi a Maroni, da Salvini a Gasparri, solo per citarne alcuni. Esilarante la cronaca del matrimonio di Brunetta, che attende la sposa in braccio a Cicchitto e viene scambiato per un neonato dal sacerdote che doveva consacrare il matrimonio, e battezzato all’istante.
È piaciuto un lungo cammeo dedicato a Niguarda, quartiere in cui sorge il Teatro della Cooperativa, e ai suoi abitanti, i niguardesi, con battute “facili” ma d’effetto.
Sicuramente quasi del tutto a braccio il cammeo niguardese, ho qualche dubbio che tutto il rimanente del prologo non fosse tutto studiato e accuratamente curato a tavolino; un dubbio che mi è sorto per il continuo ricorrere alla lettura, non so se reale o finzione teatrale, dei fogli del copione.
Nulla da dire sulla parte del testo citata nel titolo se non da sottolineare come assai divertente la chiusa, in compagnia di Renato Sarti, deus ex machina del Teatro. Un metodo anticoncezionale approvato dalla Cei che non rivelo per non rovinare la battuta a futuri ascoltatori.
Risate e applausi hanno significato il più spontaneo dei “ben tornato!” per un attore decisamente “in palla”.
Adelio Rigamonti
Il giudizio di Teatro a Milano:
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