TEATRO MENOTTI/DOPPIO SOGNO

13.03.2018 10:47

 

Al Menotti una Ivana Monti onirica perfida suocera

 

Sul palco del Teatro Menotti, per sole quattro recite, Ivana Monti, Caterina Murino, Ruben Rigilio, Rosario Coppolino sono impegnati in Doppio sogno, liberamente ispirato al racconto di Arthur Schnitzler, intimo amico di Freud. La novella è stata  resa famosa al grande pubblico per uno dei capolavori di Stanley Kubrick Eyes wide shut, del 1999. Proprio a quest’ultimo film lo sceneggiatore e regista Giancarlo Marinelli si “lega” nel suo difficile e arduo tentativo di portare il complesso testo su un palcoscenico. Il risultato di quest’operazione è uno spettacolo che lascia un po’ estraniato il pubblico per la difficoltà d’una immediata fruizione del testo, che a volte, soprattutto nel primo tempo, si ingarbuglia procedendo a sbalzi.                                                                        

Mi è parsa quasi fastidiosa la presenza di un attore-moderatore-psichiatra che esce di scena e rimprovera il pubblico, interrompendo per ben due volte lo spettacolo, con il pretesto (falso) di un cellulare che suona o di un colpo di tosse. Forse sarebbe stato più proficuo se lo stesso attore avesse anticipato il suo intervento per introdurre tutto lo spettacolo. Molto probabilmente tali interruzioni gratuite sono dovute alle scene dinamiche di Andrea Bianchi, che pur essendo intricanti e a volte suggestive, sono quasi sempre ingombranti  e difficili da gestire nei cambi di scena.

Mi ha lasciato un po’ disorientato l’ingresso nel mondo onirico; ingresso del quale non si coglie il momento e sicuramente troppo confuso e non graduato.   Nel programma di sala Marinelli fa sapere che  cercava un testo che avesse la caratteristica di dargli la possibilità, come drammaturgo e regista, di creare personaggi multipli per il suo, assai buono, cast d’attori. E di fatto è proprio un Teatro Multiplo. “La storia è tante storie – continua Marinelli -, la verità è tante verità. L’amore, la morte, il senso di colpa, il peccato, il riscatto affiorano tutti insieme”. Tale obiettivo lo raggiunge in gran misura nella seconda parte dello spettacolo, parso più dinamico, in cui le tessere del puzzle si connettono tra loro con apparente semplicità. Alcune scene sono assai suggestive visivamente, come quelle spettacolari del bar dove donne seminude ballano e, guidate dal Consigliere Bohm, in lamento continuo per la perdita prematura del figlio, prendono accordi con il pianista del locale per “le famose feste proibite in memoria del giovane”, feste in cui, in un’altra scena dinamicamente splendida, morirà “oniricamente” l’amata figlia del dottor Daniel Fridolin.  Di sicuro impatto il bel pastiche musicale di Roberto Fia che “gira” attorno alla Pavane pour une infante défunte di Ravel.  Nello spettacolo, che forse avrebbe bisogno di qualche sforbiciata, emerge una compagnia teatrale di tutto rispetto. Bravissima Ivana Monti, perfetta nel ruolo di Ivana, mamma factotum di Daniel Fridolin, gelosa e possessiva, onirica perfida suocera. Sicuramente coinvolgente Rosario Coppolino, nel doppio ruolo di Naktigal, vecchio amico del medico, ma anche del pianista bendato delle feste proibite.  Piaciuta e applaudita alla prima milanese nel ruolo di coprotagonista Caterina Murrino, una Nicole Fridolin intensa e sensuale, senza pretese, e questo va tutto a suo onore, di “scimmiottare” la grande interpretazione di Nicole Kidman nel film di Kubrick. Ruben Rigillo è perfetto per tempi e tecnica nei panni del protagonista, il dottor Daniel Fridolin e quasi sempre “propone” il giusto pathos. Bravi tutti dunque, ma un piccolo cenno merita un misurato Andrea Cavatorta nel difficile e spinoso ruolo “ributtante” del Consigliere Bohm.

Adelio Rigamonti