TEATRO OUT OFF/DONNA NON RIEDUCABILE
Grande inizio al Teatro Out Off
Il 7 ottobre, in occasione del nono anniversario della morte di Anna Politkovskaja, è andato in scena al Teatro Out Off, come spettacolo scelto per l’inaugurazione della stagione 2015/2016, “Donna non rieducabile”, memorandum teatrale, come si può leggere nel sottotitolo, ispirato agli articoli della giornalista russa, nota per il suo impegno nella battaglia a difesa dei diritti umani e della libertà di stampa come mezzo ineludibile per rendere giustizia alla verità.
Il testo è di Stefano Massini, giovane e prolifico drammaturgo autore dello straordinario “Lehman Trilogy”, ultimo lavoro di Ronconi. Per ammissione della stessa Elena Arvigo, fantastica interprete dello spettacolo in scena fino al 25 ottobre al teatro di via Mac Mahon, non si tratta di “un testo semplicemente da mettere in scena, ma piuttosto di un progetto di studio per cercare di rimanere fedeli allo spirito della Politkovskaja e di Stefano Massini che ha scritto il testo ispirandosi a questi appunti ai margini della vita in Russia”.
E quanto “Donna non rieducabile” sia stato studiato e limato fino alla perfezione lo si può comprendere dall’inizio alla fine. Il telaio di una porta (che di volta in volta è usato in diversi modi lasciando allo spettatore di vederci ciò che vuole: non solo porta, forse anche recinto, bara, davanzale, inginocchiatoio, carro) è l’unico elemento scenico.
Nello spettacolo si susseguono, quasi a flash, molti quadri, separati da musiche lievi, che all’orecchio suggeriscono movimenti di danza, oppure da rumori inquietanti. Credo si possa dire che il testo, la felicissima regia di Rosario Tedesco e, ribadisco, la fantastica interpretazione di Elena Arvigo concorrano tutti alla realizzazione non di uno spettacolo sulla giornalista russa giustiziata, ma, come dice l’autore, di un viaggio negli occhi della Politkovskaja.
All’inizio, deposte le borse della spesa in un angolo, è subito da brividi la narrazione delle barbarie russe: lo sgocciolìo del sangue d’una testa d’un forse ribelle ceceno decapitato dai russi, mentre insiste nelle orecchie del pubblico un gocciolare terrificante. Mette brividi, e quasi si percepisce nel naso e nella testa l’odore di carne bruciata di vittime cecene, una delle tante testimonianze, tratte dagli appunti della giornalista russa, delle violenze commesse dai suoi connazionali. Mettono brividi gli spietati ricordi di attentati ceceni e dell’orribile sequestro di oltre ottocento persone nel teatro Dubrovka di Mosca; i terroristi chiedevano l’immediato disimpegno dell’esercito russo in Cecenia, la stessa Politkovskaja si prodigò nelle trattative inutili per la fermezza dei russi che entrarono nel teatro coi gas e fu carneficina.
L’intensità espressiva di Elena Arvigo riesce a comunicare le sensazioni angosciose e angoscianti del cerchio che si chiude attorno alla giornalista; le minacce anonime sui giornali, l’avvelenamento, l’assassinio d’una sosia, l’esecuzione in ascensore di casa.
Accanto a un’interpretazione di indubbio grande spessore curata e coinvolgente, una regia alta, con un sapiente uso delle luci e delle musiche, e alcune situazioni risolte con genialità: la visita della Politkovskaja al cimitero di Beslan, dove sono sepolte le 385 vittime della strage della scuola Numero Uno della città dell’Ossezia del Nord, mi è sembrato un momento scenico e registico di gran teatro, il cimitero ridotto a un semplice e suggestivo simbolico cerchio di crisantemi disposti con lentezza ed estrema cura. Il finale, l’annuncio dell’avvenuta esecuzione, è preceduto da un emozionante rotolare di frutta e ortaggi sul palco, a borse della spesa rovesciate.
Un monologo di grande impatto che restituisce intense verità in un allestimento davvero convincente. Al termine grandi applausi per interprete e regista. Da non perdere.
Adelio Rigamonti